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Il 17 gennaio 1880 alla Société nationale de musique c’era un’atmosfera di grande attesa: il Quartetto Marsick e Camille Saint-Saëns al pianoforte avrebbero eseguito per la prima volta il Quintetto in fa minore di  César Franck dedicato proprio a Saint-Saëns. 
Durante l’esecuzione però,come riferiscono testimoni oculari,  Saint-Saëns era sempre più agitato e furioso, come se trovasse nella musica dei messaggi nascosti che non aveva notato nelle prove, prove alle quali aveva presenziato l’autore. Alla fine rifiutò di stringere la mano a Franck e uscì di scena in maniera precipitosa, lasciando la partitura aperta sul pianoforte - un’offesa plateale. Forse i dettagli della vicenda sono stati romanzati ed è possibile che a Saint-Saëns semplicemente non fosse piaciuta la musica, ma il brano emotivamente intenso seminò lo scompiglio nei circoli musicali parigini; anche Liszt lo definì “parossistico” e non piacque nemmeno a Debussy; Saint-Saëns non solo non lo eseguì mai più, ma ne sconsigliò vivamente l’esecuzione in pubblico. Reazioni senz’altro esagerate considerato che il Quintetto è un capolavoro assoluto.  E allora? Allora …. cherchez la femme!
La  femme in questione s’incarna in una giovane allieva privata di organo di Franck, Augusta Holmès, organista e compositrice, donna molto sensuale che cominciava a godere di una certa popolarità nei circoli sofisticati della società parigina.
Anche se Franck  ammirava il suo indubbio talento musicale e artistico, semplicemente non poteva ignorare “le sue belle caratteristiche audaci, i capelli dorati abbondanti e i seni belli di cui era giustamente orgogliosa”. Aveva  anche ammesso “Suscita in me desideri tutt’altro che  spirituali” e Madame Félicité Saillot Desmousseaux,  la moglie di  Franck, dopo l’esecuzione del Quintetto criticò ferocemente il marito e la sua “studentessa impura e seducente”.
Ma anche Saint-Saëns era innamorato della giovane Augusta tanto di chiederne varie volte la mano senza successo e forse per questo, cogliendo il messaggio del Quintetto, si arrabbiò ferocemente. Persino il direttore del Conservatorio, Nicolas Rimskij-Korsakov non fu insensibile alle grazie della giovane studentessa.
Ma al di là delle vicende aneddotiche il Quintetto di Franck colpisce soprattutto per la sua potenza sonora ed espressiva, in parte legata all’esperienza di Franck come organista, oltre che per l’ampiezza della sua architettura, in cui si sviluppa un procedimento tipico della scrittura di questo compositore: la forma ciclica, principio unificatore dell’opera. Il primo movimento inizia con una introduzione al tema di rara intensità esposto dal primo violino, sostenuto dagli accordi tesi degli altri archi, cui risponde, come un’improvvisazione, un dolce intervento del pianoforte in terzine. A partire dal dialogo tra questi elementi, il linguaggio si evolve verso un appassionato cromatismo, pervaso da ritmi affannati e da effetti di accelerazione del tempo.
Il Lento è un’ampia elegia, basata su una melodia che sembra infinita. Al termine dell’esposizione, si assiste a un furtivo ritorno del tema ciclico esposto nel primo movimento. 
Il terso movimento, Allegro non troppo,  ha inizio con un fremito degli archi, i quali espongono un motivo lancinante accompagnato da accordi misteriosi nel registro grave del pianoforte, da cui emerge, a poco a poco, il primo tema di questa forma sonata. È la frase ciclica che si è già udita due volte, la quale svolge poi il ruolo del secondo tema, in forma ritmica variata. Lo sviluppo sovrappone questi due elementi, e al termine di una frenetica coda, il brano si conclude con un esaltante e potente unisono.
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Concerto inaugurale

Una dedica poco gradita

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